23) Un Futuro ? Il Sugo di tutta la Storia.

Pubblicato da Stefano Montanari

Il partito di Casaleggio si presenta alle elezioni politiche del febbraio 2013 in tutte le circoscrizioni e ottiene una valanga di consensi. Nessuno, nemmeno lui, se li aspettava. Alla Camera gli arriva il 25,55% dei voti in Italia e il 9,67% di quelli delle circoscrizioni estere. Con gli 8,7 milioni di voti si ritrova 108 deputati nelle circoscrizioni italiane più uno nella circoscrizione estero. Al Senato, con il 23,79% in Italia e il 10,00% all'estero, raccoglie di 7,4 milioni di voti, il che equivale a 54 senatori.

 

I candidati erano stati scelti in una maniera biecamente farsesca come, del resto, biecamente farsesco è il partito. La lista degli eleggibili è compilata da una sorta di Grande Fratello di cui non è dato conoscere il volto facendo la massima attenzione alla “fedeltà” dei vari personaggi. Ognuno di loro deve dare garanzia di obbedienza e chi, per esempio, ha un torbido passato di naso storto davanti al ratto del microscopio viene scartato. Poi, a liste fatte, si vota via Internet in una sorta di parodia di elezioni primarie e, manco a dirlo, è il Grande Fratello a fare lo spoglio. Controlli? Nessuno. Non vi fidate di Beppe?

 

Beppe e la trasparenza. La stessa di quando qualcuno pubblicò la sua denuncia dei redditi.

 

Insomma, 163 nuovi parlamentari entrano tra Camera e Senato e tra loro, ovviamente, c‟è un po‟ di tutto. Da Italiani, per noi nessuna meraviglia e poca o nessuna differenza con gli altri partiti in termini di qualità.

 

È fin troppo logico che un gruppo così numeroso non sia facilissimo da tenere al guinzaglio, e il solerte Gianroberto manda a Roma qualcuno dei suoi cani da guardia per far sì che tutto vada come lui desidera, vale a dire che l‟esercito esegua gli ordini senza discussione come è prassi in qualunque dittatura. Qualcuno di loro - dei cani da guardia, intendo - è una vecchia conoscenza personale. Claudio Messora, il blogger di Byoblu deve indottrinare e tenere sotto controllo i senatori. A me vengono in mente tre versi del “Cinque Maggio”:

 

serve, pensando al regno;

 

e il giunge, e tiene un premio ch'era follia sperar.

A lungo Messora ha scodinzolato al cospetto delle porcherie di Grillo e, alla fine, il premio è arrivato. La deontologia? La dignità? Dopotutto ognuno vende ciò che ha al miglior prezzo che riesce a spuntare. Lo dico in generale: ognuno veda se la cosa trova applicazione personale.

 

Un altro dei pretoriani è il già nominato giornalista (vabbè) Matteo Incerti. A livelli molto più terra terra rispetto a Messora, se non altro per le evidenti differenze culturali, Incerti si è prestato  per anni a “testimoniare” non solo della sua personale visione degli eventi ma addirittura di eventi mai accaduti, e lo fece ufficialmente il 3 luglio 2013 davanti al giudice del Tribunale di Reggio Emilia, unico testimone a favore della Bortolani al processo che abbiamo intentato contro di lei, visto che gli altri, da Valeria Rossi a Sonia Toni fino al povero Andrea Dall‟Oglio avevano dato forfait. Una delle testimonianze fu l‟entusiasmo di mia moglie e mio nel vederci sottrarre il

 

microscopio perché fosse messo a disposizione di “tanti scienziati”. Matteo disse che lui non c‟era al momento della “donazione”, ma mia moglie ed io eravamo d‟accordo. A domanda del giudice relativamente a come facesse a sapere del nostro favore, Incerti rispose che l‟aveva letto in Internet. Peccato che noi della donazione l‟abbiamo saputo diversi mesi dopo, ma se era scritto su Internet... Poi, lo dico solo per citare una minuzia, il personaggio riportò della presenza di mia moglie al famigerato pranzo quando Marina Bortolani si assunse l‟onere gravosissimo di farsi arrivare i quattrini della raccolta fondi, quei quattrini di cui non riuscimmo mai ad avere traccia. “Confermo che in quella occasione erano presenti gli attori [mia moglie ed io, n.d.a.]” recita il verbale di deposizione del 3 luglio 2013. Peccato che allora mia moglie fosse altrove. Minuzie, ho detto, ma questo tanto per fotografare l‟attendibilità del personaggio. L‟imbarazzo del testimone si acuì quando gli fu chiesto se era al corrente del fatto che, per statuto, la Onlus Carlo Bortolani non avrebbe potuto essere proprietaria del microscopio né occuparsi di ricerca scientifica. Comunque sia, figuracce o no, il fido Matteo è stato premiato con il compito di occuparsi della comunicazione per il senatori stellati. "Una nuova esperienza professionale, che unisce ideali e passioni è alle porte. Pronto a partire per Roma, verso il cuore di un vecchio sistema politico e mediatico. Un sistema marcio da rivoltare come un calzino". Parola di Matteo176.

 

L‟altra conoscenza personale è tale Nicola Virzì, un camionista che, ai vecchi tempi, dava una mano a chi organizzava qualche mia conferenza nei dintorni di Bologna. Nick il Nero, perché così, un po‟ trucidamente, si fa chiamare Nicola Virzì, è piaciuto a Beppe. Saranno stati, chissà, i video in cui Nick strepita frasi sconnesse accompagnandole con contorcimenti del viso (Internet è una miniera di video girati dallo stesso protagonista), sarà stato il quoziente intellettivo di tutta sicurezza… Fatto sta che anche Nicola Virzì è finito a “dare una mano” ai parlamentari come “comunicatore”. In fondo, a ben guardare, si tratta dell‟immagine fedele del partito.

 

Tutti a Roma. Immediatamente, però, iniziano i “disagi” tra i parlamentari. Bisogna giustificare tutte le spese. Si scatena una guerriglia a suon di scontrini di brioche e cappuccino. Bisogna restituire parte dei quattrini che Pantalone rovescia sui parlamentari. Non si può andare in TV. Non si possono rilasciare interviste. Ovvio: come si farebbe a controllare ogni parola? C‟è chi non ce la fa più a fare la figura del signorsì decerebrato e se ne va. C‟è chi viene cacciato con processi sommari celebrati per via telematica da una giuria della cui esistenza e delle cui reali, eventuali decisioni nessuno sa nulla. C‟è chi, timidamente, si guarda intorno cercando segnali dagli altri parlamentari. Nessuno si fida del vicino, esattamente come nei periodi di terrore classici delle dittature. Dittatura, questa, da avanspettacolo ma, comunque, dittatura. E, come è tradizione, un regime umiliante perché pretende da ognuno il sacrificio del suo libero arbitrio e del suo giudizio morale, costringendo a chinare la testa e a fare da complice alle porcherie che nessuno di loro ignora.

 

Intanto la farsa continua con l‟elezione del presidente della Repubblica. Ognuno dei candidati cooptati a gran voce dai grillini viene scomunicato in un battibaleno. Ti creo e ti distruggo nel giro di due giorni. E, forse peggio ancora, la farsa continua a livello istituzionale con Grillo e Casaleggio, un comico bolso e il socio di una società di marketing, che vengono ricevuti e ascoltati dal presidente della Repubblica, mentre il popolo dei grillini perde ogni giorno pezzi, con le piazze sempre meno affollate quando il mitico Beppe strilla le sue banalità, le sue proposte destinate a vivere la vita di una falena e le sue ipocrisie.

 

Ma, almeno, qualcuno può confidare che i parlamentari a cinque stelle stiano facendo fuoco e fiamme contro l‟incenerimento dei rifiuti e contro gl‟incentivi del tutto illegittimi che sostengono la

 

pratica. Almeno quello. Invece, nulla. Nulla perché così vogliono i clienti. A ben guardare, però, almeno a scopo dimostrativo una proposta di legge la potrebbero fare. Tanto, non li considererebbe nessuno e la cosa naufragherebbe subito perché già dopo qualche giorno di presenza a Roma in parlamento tutti si sono accorti che si tratta di un‟armata Brancaleone di ragazzotti impreparati, un gruppo raffazzonato in cui ognuno si deve guardare dal compagno e di cui, non appena i parlamentari cui resta un brandello di dignità avranno il coraggio di riunirsi, non resteranno che le briciole. Allora, chissà, qualcuno di loro, qualcuno che conosco personalmente, verrà a dirmi che lui aveva sempre disapprovato lo “scherzo” del microscopio, che era una vergogna, che, però, loro aspettavano il tempo giusto per… Ipocrisie. Ipocrisie come quelle di chi è già stato scomunicato e che, pur tuonando contro Grillo, preferisce non toccare l‟argomento perché anche loro erano i manutengoli dell‟impresa.

 

Che cosa resterà del Movimento 5 Stelle? Nella storia nulla se non, a livello di racconto minimo, la testimonianza di qualcosa di cui l‟Italia non potrà certo menare vanto. Per qualcuno sarà stata un‟illusione, per qualcun altro, pochissimi, il modo di sbarcare il lunario in un certo lusso. Chi ha tentato di riciclarsi politicamente, Favia in testa, ha fatto fiasco.

 

Casaleggio aveva visto giusto mirando alla feccia. La feccia è gremita di personaggi “affidabili” come quello che, parlando del microscopio, in risposta al mio “Parlare del Movimento 5 Stelle senza menzionare la porcata del microscopio sottratto e lasciato spento per impedire le indagini che tanto fastidio danno ai clienti di Casaleggio significa censurare un bel pezzo di verità” scrive: “Imbavagliare la ricerca? Quale ricerca? Da parte di chi? Hai mai sentito parlare di libertà di pensiero, di ricerca, di insegnamento, di espressione? O pensi che la ricerca si limiti al tuo costosissimo “microscopio”? Sai cosa succede in Germania dal 1994 ad oggi? Ti risultano

  1. persone penalmente perseguite per reati di opinione? O pensi che prima venga il tuo microscopio e tutto il resto va a vacche? E che c‟entra il tuo microscopio con il Movimento?

 

Sai che al senato pende il disegno di legge Amati? Sai cosa implica? Nel tuo cazzo di microscopio si vede qualcosa al riguardo? I vari PG quando si tratta di difendere la libertà di pensiero di un comune cittadino, che non possiede nessun microscopio, sai da che parte stanno ed a quali interessi ubbidiscano? Chi sono i loro committenti ed ispiratori?

 

Prova ad usare il microscopio “filosofico” e forse scoprirai qualcosa. Di certo, i temi qui toccati riguardano la libertà di pensiero e di ricerca, ma a metterci il “bavaglio” è il signor PG, non il Movimento, che non è esente da errori ed ignoranza… Ma chi non lo è?

 

L‟«intelligenza collettiva» serve appunto al Movimento per superare i suoi limiti e per crescere dal 25 % al 67 %.”177

 

Ecco, su questi irriducibili si può sempre contare, ma non serviranno a salvare un partito non solo senza futuro ma senza presente. Casaleggio aveva visto giusto ma la vista era corta. Corta ma non cortissima, perché la porcheria del microscopio l‟ha allestita in modo perfetto. Quando Grillo e la Bortolani ce lo sottrassero sapevano che li avremmo portati in tribunale ma, al contempo, sapevano di poter contare sui tempi della “giustizia”. Arrivando in terzo grado sarebbero passati almeno dieci anni e, dopo tutto quel tempo, l‟apparecchio sarebbe nient‟altro che una specie di rottame. Dunque, questa battaglia, importantissima per la clientela, è stravinta.

 

 

IL SUGO DI TUTTA LA STORIA

 

 

Io non ho la penna di Manzoni ma, come lui, finirò con il “sugo di tutta la storia”.

Anche qui, in questo libricino come ne I Promessi Sposi, le pagine pullulano di quelli che, con una parola che per noi inquilini del XXI secolo suona quasi tenera, sono i “birboni”. Solo che questi, quelli che ho raccontato io, non sono i personaggi di un manoscritto uscito dal genio di un grande scrittore ma sono veri fino all‟ultima cellula. Anche la viltà proverbiale ma letterariamente immaginaria di Don Abbondio ha trovato un‟animuccia reale in cui nidificare e così la filosofia caricaturale di Don Ferrante per cui la peste, aristotelicamente non sostanza e non accidente, non poteva esistere e, dunque, era pura immaginazione anche se poi Don Ferrante stesso ne morì. Qui dei “birboni” ho raccontato solo poche cose, quelle che mi hanno visto coinvolto in prima persona, e a tante cose che so per certo ma di cui, un po‟ alla Pasolini, non ho prove da esibire, non ho nemmeno accennato. Scrivendo mi è capitato di perdere la pazienza e di questo mi scuso, ma invito i miei eventuali critici, quelli abituati a storcere il naso davanti alle parole, a farmi vedere lo stesso naso storto affrontando le mie giornate tra valanghe di fango e tragedie umane. L‟ipocrisia di far le pulci alle parole minimizzando fino a cancellare i fatti è un‟altra delle cose che mi fanno perdere la pazienza. In poche parole la filosofia è “io ti cospargo di merda ma se tu dici che è merda sei un maleducato.”

 

Se qualcuno mai mi chiedesse che cosa ho imparato da questi anni infami, risponderei che ho imparato moltissimo. Se, poi, quel qualcuno andasse avanti e mi chiedesse a che cosa mi è servito ciò che ho imparato, sarei costretto ad ammettere che non mi è servito a niente. Questo perché alla mia età non si cambia più e io continuerò, certo imprudentemente, a fidarmi di chiunque mi si pari davanti sbandierando buone intenzioni. Socrate, attraverso quel che è rimasto di lui, mi aveva insegnato che chi delinque lo fa per ignoranza e che chi delinque infligge del male prima di tutto a se stesso perché “la vera felicità ristà nella virtù”. Questo ho imparato, e fu quando ancora avevo la mente plasmabile, cosa che ora non ho più, cosicché quell‟insegnamento mi si è cristallizzato dentro. Mi è servito almeno quello? Temo di no. Anzi, questa teorica saggezza socratica mi ha privato delle difese e la cosa che più mi preoccupa è che ho passato la stessa illusione ai miei figli.

 

Da protagonista involontario di questa storia ho imparato che niente ha più successo della mediocrità. Il successo, così come è inteso correntemente, implica una quantità: nella visione comune hai successo quando riscuoti approvazione da tanti, quando in tanti ti acclamano fino a idolatrarti, fino a fare di te un modello e un maestro di pensiero da seguire e,dove possibile, da imitare, fino a non mettere mai in discussione qualunque cosa tu dica e faccia, fino a concederti ogni licenza, fino a darti il salvacondotto per essere estraneo alla morale e alle tue stesse parole. Tanti devono essere, ma solo i mediocri sono tanti ed è a loro, se vuoi il successo tipico della loro sottocultura, che devi offrire in modo appetibile la tua merce che sarà, per forza di cose, volutamente scadente perché confezionata apposta per loro. Dunque, se il successo come è inteso correntemente è fatto di quantità, è su quei tanti, sui mediocri, che devi puntare per avere successo. In fondo, è proprio sui tanti che si basa il concetto di democrazia e, pragmaticamente, è difficile proporre un‟alternativa che non sia peggiore di questa che, lo si voglia o no, è un mostro.

 

Ho imparato che il mediocre vive in branco e dal branco assume, moltiplicandola, la sua perversione. E il branco adora i processi, purché questi siano celebrati come piace a lui, catturando qualcuno con cui, magari, il confronto morale sarebbe imbarazzante e trasformandolo in un truce criminale. Poi ognuno, quasi sempre mascherato, espone i suoi capi d‟accusa senza che sia richiesta l‟esibizione di prove, e ognuno ha il diritto d‟inventare ciò che più gli dà piacere, in una sorta di gara fantastica con il “collega”. In questo incubo accusatori e giudici sono esattamente le stesse persone e per l‟imputato, già condannato incondizionatamente a priori, non esiste alcuna possibilità di difesa e ogni faccia a faccia con chi accusa è bandito. Se, poi, per una sfortunata combinazione, il castello delle accuse crolla, si fa finta di niente: la festa è già stata goduta e la pena inflitta resterà per omnia saecula saeculorum.

 

Ho imparato che l‟ipocrisia e la menzogna non hanno confini nemmeno per chi professa a parole la più virtuosa delle filosofie politiche né ce li hanno per chi si atteggia a fedele osservante della più pia delle religioni. Per loro filosofia o religione non sono altro che abiti di scena e, non so perché, ma mi è impossibile non riandare alla frase citatissima di Brecht “chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente.”

 

Ho imparato a diffidare dei cosiddetti mezzi d‟informazione. Anni fa, alle mie prime esperienze di “uomo pubblico”, restai di sale quando fui intervistato da una TV locale a Reggio Emilia e la mia intervista andò in onda senza un taglio. L‟unica cosa che era stata cambiata era la voce fuori campo che poneva le domande e che, nella versione trasmessa, pareva mi chiedesse tutt‟altro rispetto a quelle che erano state le domande vere. A me basta andare alla voce Stefano Montanari di Wikipedia, una voce che ho tentato, sempre invano, innumerevoli volte di correggere degli errori più grossolani sul mio conto, a partire dalla bibliografia per finire alla pretesa che io abbia contattato Grillo per far sì che lui “mi comprasse” un microscopio. Al proposito, sarebbe stato sufficiente costatare come io partecipavo a spettacoli del comico almeno un anno prima che saltasse fuori la vicenda della raccolta fondi. Ma, poi, basta riandare a Valeria Rossi e alla sua informazione o ai silenzi ostinati dei giornali o alle loro invenzioni sul microscopio “regalatoci” da Grillo178 per rendersi conto della situazione.

 

Ho imparato che confidare ad occhi chiusi sull‟onestà altrui equivale ad andare alla guerra nudi e disarmati.

 

Ho imparato a non perdere tempo con quelle che sono solo macchiette: furbetti che chiedono d‟incontrarmi e che, in cambio di un “piccolo favore”, mi giurano che un microscopio nuovo di zecca me lo regaleranno loro. Se anche solo una promessa su dieci si fosse avverata, avrei dovuto affittare un hangar all‟aeroporto per ospitarli tutti quei microscopi.

 

Ho imparato che i creatori, quelli che con ciò che creano disturbano la pigrizia saranno sempre percepiti come dei nemici e chi distrugge quei nemici, non importa come, riceverà in cambio gloria e onori. Al di là di ogni ipocrita modestia e rischiando lo scherno dei beceri, noi, Morena ed io, siamo dei creatori. Forse, con tutti i nostri sforzi, siamo riusciti a partorire non più che dei topolini, ma lo abbiamo fatto solo con le nostre forze e i topolini che abbiamo partorito sono ben vitali e  sono certamente prolifici. Nessuno è riuscito a sterminarli e già da tempo quello che abbiamo seminato sta germogliando a livello planetario. Non importa se qualcuno si approprierà, come già sta facendo, della paternità delle nostre scoperte: quello che abbiamo fatto non è più nostro e appartiene a tutti. C‟è ormai da tempo chi, grazie a robusti finanziamenti e disponendo di forze infinitamente superiori alle nostre, sta scoprendo ciò che noi abbiamo scoperto un bel po‟ di anni prima e veste tronfiamente le penne del pavone. Bene: l‟importante è che si vada avanti. L‟importante è che chi distrugge seminando non solo morte, qualcosa che, ci piaccia o non ci piaccia, tocca inevitabilmente tutti, ma malattia e dolore, un fato che non è prescritto da nessuna

 

 

 

parte, non prevalga. E sarebbe un bene per tutti se chi distrugge fosse scoperto. Questo non per essere punito ma per essere messo in condizione di non nuocere. Però per fare questo occorrono conoscenza e onestà, due virtù che devono essere soffocate, e quasi sempre lo sono con ottimo esito, a pena della perdita della mediocrità e, dunque, del successo di chi di mediocrità prospera.

 

Forse non per tutti, ma per molti sono certo che basterebbe passare una settimana con noi in laboratorio per liberarsi dell‟anestesia che li fa mediocri. I morti non hanno uno sguardo, ma i vivi sì, e allora credo che per molti, molti di coloro che, per usare un‟espressione truculenta non mia, si sono lavati le mani in un catino pieno di sangue, non sarà comunque facile guardare dritto negli occhi qualcuno che viene messo alla porta con le sue malattie o, peggio, con quelle di suo figlio privandolo anche della soddisfazione, per piccola che possa essere, di sapere perché. È brutto sbattere il naso contro la consapevolezza di essere responsabili di una carneficina, soprattutto se la consapevolezza è quella degli altri, di quelli che poi ti giudicano. Retorica? Ognuno la chiami come gli pare. L‟importante sono i fatti perché con i giudizi salottieri o quelli da osteria, tanto non fa differenza, con gli aloni semantici, con le definizioni, balorde, utili, oziose o di comodo che siano, ci metteremo sempre d‟accordo.

 

Noi qualcosa abbiamo fatto: abbiamo aperto non una strada qualunque ma la via per un continente sconosciuto. Pur non essendo lontani, non siamo riusciti ad arrivare alla cura per le malattie che abbiamo individuato ma sappiamo come evitarle, forse non tutte ma molte di esse, il che non è poi poco. Se i beceri, i barbari che hanno tentato di annientare un patrimonio prezioso senza nemmeno sapere perché sono certamente riusciti a rallentare la corsa, non sono riusciti a fermarla. Noi continuiamo, paradossalmente anche per loro, perché anche loro condividono con noi questa condizione di animali fragili e la sorte di uno è inevitabilmente la sorte di tutti.

 

Tanto ancora ho imparato, ma quello lo tengo per me.

 

E, allora, perché questo libricino? Non certo perché speri che Grillo abbia il coraggio di uscire dal suo inglorioso nascondiglio dato che, per tornare a Don Abbondio citandone un pensiero, se il coraggio non ce l‟hai, non te lo puoi certo dare. Né l‟ho scritto perché speri che i suoi poveri complici si accorgano di ciò che hanno fatto. Non l‟ho scritto per attirarmi simpatie perché chi è bastonato è di regola disprezzato e poi sciorinare davanti a qualcuno le prove della sua bassezza non è cosa che piaccia al destinatario. L‟ho scritto perché era mio dovere scriverlo. Ed era mio dovere perché nessuno possa accusarmi di non aver messo in guardia chi è già cascato nella trappola del Grillo Mannaro e chi è preda designata. Io il mio pedaggio doloroso l‟ho già pagato e lo vivrò per sempre. Chi può faccia tesoro della mia esperienza, e dico questo ben sapendo che a spendere il mio tesoro saranno ben pochi, forse nessuno.

 

Orgoglioso di ciò che ho fatto? Sì. Lo rifarei? No.

 

 

 

Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti: