2) Avviso ai Lettori. Preludio di una Tragedia...

Pubblicato il da Stefano Montanari

AVVISO AI LETTORI

 

  Se a ciascun l'interno affanno si leggesse in fronte scritto, quanti mai, che invidia fanno, ci farebbero pietà!

 

È l‟Aria XXIX di Metastasio. Dal punto di vista poetico è robetta ma il concetto, per semplice che sia, c‟è.

 

Io non ho mai invidiato nessuno e, anzi, sarei terrorizzato se dovessi, per assurdo, barattare la mia vita, per deludente che sia, con quella di chiunque altro. Che ne so io di chi sta davvero nella pelle in cui, per volontà mia dettata da invidia, finirei per andare ad abitare?

 

Se non ho mai provato invidia, ho provato invece, e nemmeno troppo di rado, la sorella nobile dell‟invidia: l‟ammirazione, e questa quasi di regola verso persone che nessuno penserebbe mai d‟invidiare.

 

Invidia, dunque, no di certo, ma confesso che mi piacerebbe poter dire, così come sento spesso fare, “se tornassi a nascere, rifarei tutto quello che ho fatto.” Io, no: io non rifarei quasi niente. Sposerei mia moglie ma non mi farei trascinare da lei nell‟inferno in cui ci troviamo tutti e due a causa di una sciagurata scoperta scientifica. Più leggermente, a livello di hobby, rifarei il  maratoneta ma mi allenerei in modo diverso, così come ho imparato a fare quando, purtroppo, ormai le gambe adatte non c‟erano più. Rifarei il Cammino di Santiago come ho fatto ormai canuto e bianco tanto da assomigliare in modo preoccupante al vecchierello di Petrarca e lo rifarei esattamente come l‟ho fatto: per intero e senza “aiutini” come, invece, fanno tanti Tartarino che ritornano carichi di glorie che non hanno. Il resto, no: niente. È poco? Sì: è poco, ma è davvero la manciata di polvere che stringo in mano. Il resto è scivolato via tra le dita senza che me ne importi più di tanto.

 

Certo non vorrei vivere di nuovo l‟incubo che mi ha fatto vivere, e che mi fa vivere ancora, Beppe Grillo. Certo non vorrei imbattermi nella sua Corte dei Miracoli popolata da sinistre dame di carità, da Crudelie De Mon nei cui interessi non ci sono cuccioli di dalmata ma cuccioli umani, da Torquemada non di mestiere ma dilettanti e per questo ancor più pericolosi dell‟originale, da scribacchini di modesta alfabetizzazione e di moralità molto personale, da balilla isterici, da pettegoli che per il loro piacere perverso sono pronti a massacrare chiunque e del massacro si ubriacano. Certo non vorrei rientrare nei bersagli di un essere capace come Gianroberto Casaleggio.

 

Il mio è il tardo autunno di una vita piena di botte e di delusioni, le “percosse e i dardi di una fortuna oltraggiosa” di Amleto, con un fardello sulle spalle che mi è toccato in sorte e che io non sono stato abbastanza pronto e previdente da rifiutare come avrei potuto fare in un attimo, con facilità, quando mia moglie arrivò a casa con una scoperta scientifica d‟importanza immensa e io fui, infelicemente, il primo ad accorgersi della sua grandezza. Abbandonai tutto quello che avevo fatto fino a quel momento e corsi, per quella scoperta, sconsideratamente al suicidio.

 

Questo è un libricino che non avrei mai voluto essere nelle condizioni di scrivere ma mi auguro, almeno, che serva a mettere in guardia qualcuno perché non sia stolto come sono stato io a fidarmi di chi, come l‟arcivescovo Ruggieri per il conte Ugolino, mi avrebbe rinchiuso magari non in una torre truculenta ma in una ragnatela inestricabile fatta d‟ipocrisie, di censure e d‟infamie, trasformandomi per il suo pubblico, per la sua clientela, nell‟immagine di un mostro. E uno dei tormenti di questo, per fortuna effimero, inferno è avere una visione lucida del personaggio Grillo, una visione quasi scientifica perché basata galileianamente sull‟esperienza, è vedere come sempre più pesciolini ignari caschino nella sua rete, addirittura corrano facendo a gara per cascarci, e non riuscire a fermarli.

 

Come sempre faccio, qui scriverò solo di cose che conosco personalmente, lasciando ad altri le testimonianze indirette, non troppo di rado basate almeno in parte su documenti di dubbia attendibilità, e nelle pagine che seguiranno, in un ordine che non sarà quello cronologico dei fatti, un ordine che nessuno deve cercarvi, io non parlerò del Grillo uomo. Mi limito a dire fin d‟ora che non esiste.

 

Non parlerò del Grillo inquinatore con la sua flotta di automobili di lusso che lui non guida, con le sue imbarcazioni, con le sue ville che succhiano energia come piccoli stadi di calcio di partite notturne.

 

Non parlerò del Grillo che qualcuno dice massone semplicemente perché non credo che la massoneria possa prendersi un personaggio di quella statura al suo interno. Che possa usarlo è possibile, ma solo come strumento.

 

Non parlerò nemmeno o, almeno, non più dello stretto necessario, del Grillo politico. Già tanti lo hanno fatto e hanno affrontato l‟argomento da punti di vista diversi. Nessuno degli osservatori e dei critici, però, ha una conoscenza diretta del personaggio e il prenderlo sul serio e non seriamente lo testimonia. Prenderlo sul serio significa vederlo, non importa se approvandolo o no, come vero politico e, addirittura, come maître à penser. Non vederlo seriamente significa non rendersi conto della minaccia che rappresenta per una società che nelle sue mani o, meglio, nelle mani di chi ne detta ogni mossa, altro non diventa se non un immenso branco di animali da reddito da mungere, da spolpare, da spennare. “La cosa che gli è riuscita meglio è la svolta antipolitica, anche perché è più attore oggi di quando cercava di farlo per davvero. Attenzione, però: non c‟è niente di vero nel personaggio che interpreta.” Lo stralcio riportato non è mio ma di Dino Risi, il regista che nel 1984 lo ebbe come attore nel film Scemo di Guerra1,2. Ecco: sottolinearne la falsità è indice di una conoscenza diretta che pochi hanno perché Grillo, come un animale perfettamente conscio delle proprie fragilità, è sempre sul chi vive e offre pochissimi spiragli a chi ha la curiosità di guardargli dentro. E quando si riesce a dare un‟occhiata, perché ogni tanto si distrae pure lui e lascia che si apra un varco nella guardia, ecco la vertigine di vedere quello che c‟è: il vuoto.

 

Parlerò spesso, invece, di soldi, argomento tra i più volgari. Ne parlerò perché è proprio lì che stava, e oggi sta ancor di più, il mio punto debole. Se fossi stato non dico ricco ma avessi avuto disponibilità sufficiente, nulla sarebbe accaduto, ed è proprio la mia vulnerabilità economica che ha aperto la strada a Grillo e soci.

 

1 http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2007/09_Settembre/19/frenda_dino_risi_beppe_grillo.shtml

2 http://www.calogeromartorana.it/grillo_storia.htm

 

In questa che, se non implicasse morte, malattia e sofferenze infinite, condanne comminate freddamente senza discriminazione sarebbe solo una piccola storia ignobile, ho cercato di essere, per quanto possibile, stringato. Per chi ritiene valga la pena di approfondire ho inserito un‟appendice e parecchie note a piè di pagina con richiami quasi sempre a siti Internet, quei siti in cui, stando al Grillo-pensiero corrente ora, si trova la verità e, in un certo senso, è vero. Il problema è saperla trovare la verità in un mare magnum che accoglie senza distinzione ogni cosa e il suo opposto passando attraverso mille sfumature diverse. Non è detto, però, che non dovremo assistere ad una sconfessione dello stesso Grillo di se stesso come già avvenuto più di una volta per altri argomenti quando questi gli diventavano scomodi. Dopotutto il vecchio “contrordine, compagni!” è applicabile a qualunque dittatura, anche da farsa.

 

Da ultimo in questa introduzione di avvertimento per chi, arrivato fin qui, intende ancora leggermi, manifesto la certezza che più d‟uno griderà allo scandalo. A costoro dico che io sono sempre pronto a qualunque confronto e a qualunque smentita. Chiedo solo che le contestazioni vengano fatte non a chiacchiere e ad aria fritta, perché di quella roba abbiamo fatto un‟indigestione difficile da guarire, ma a fronte di documenti. Lo sbrigativo “tutte balle” con cui a casa Grillo si sotterrano gl‟imbarazzi non può più funzionare. La disinformazione scientifica in cui sono tenuti immersi i grillini non può più essere lasciata funzionare come arma.

 

PRELUDIO DI UNA TRAGEDIA

 

 

Ero solo al piano di sopra del laboratorio. I ragazzi erano di sotto al microscopio elettronico e Morena, mia moglie, era in Giappone ad insegnare all‟università di Sapporo con un paio di metri di neve intorno. Febbraio, ma a Modena non faceva troppo freddo.

 

Squilla il telefono. Rispondo. “Sono Marco Morosini3,” fa una voce dall‟altra parte. Resto in silenzio. “Marco Morosini dell‟ETH di Zurigo,” continua la voce forse sorpresa dal mio silenzio.

 

“Non è grave: sono certo che può esserci di peggio,” dico io, pentendomi subito, se non altro perché l‟ETH è uno degl‟istituti di ricerca più prestigiosi del mondo e chi ci sta dentro merita riverenza.

 

Lui non si scompone. Forse non ha nemmeno colto la mia battuta indebita. “Vorrei parlare con la dottoressa Gatti o con il dottor Montanari.”

“La dottoressa Gatti è all‟estero – rispondo – e Montanari sono io.”

 

“Ciao - mi fa lui come se ci conoscessimo da una vita. – Ho parlato di voi a Beppe Grillo e lui vorrebbe incontrarvi.”

 

Beppe Grillo? Io avevo nozione abbastanza vaga di chi fosse ma, comunque, mi era noto che il suo mestiere era quello del comico.

 

Resto in silenzio.

 

“Stasera Beppe è a Modena. Fa uno spettacolo.” Silenzio.

“Vorrebbe parlare con uno di voi. Mi ha chiesto di darvi il numero di cellulare. Non il suo, naturalmente.”

 

Il silenzio è impiegato a cercare di capire il perché dell‟avverbio naturalmente. Se mi vuole parlare, mi telefoni: sto sull‟elenco. Se vuole che lo chiami io, mi chiedo silenziosamente perché mi dia il numero di un altro.

 

“ È il numero di Damiano, il suo autista.” E mi detta delle cifre. “Che cosa vuole da me?” rompo il silenzio.

 

3 Solo otto anni più tardi venni a sapere che Morosini lavorava per Grillo procurandogli nominativi di persone che avrebbero potuto essere utili al comico (L‟Espresso – 14 marzo 2013 – “I miei vent‟anni con Beppe” di Gigi Riva pagg. 36-37).

 

“Gli ho detto che fate della roba interessante e gli ho consigliato di mettersi in contatto con voi.

Telefonagli. Ciao.” Clic. Tu, tu, tu…

Mi cambio ed esco. Appena fuori del laboratorio c‟è una carreggiata di campagna, poi cento metri di strada asfaltata e una pista ciclabile. Almeno un‟oretta di corsa me la faccio tutti i giorni. Mi serve come rito del tutto personale in omaggio ad un passato di piccole glorie sportive che interessano solo me e con il cui racconto tormento qualche malcapitato. Correre mi serve per non decadere troppo in fretta. E poi mi serve per ripulirmi la testa.

 

Beppe Grillo… Mi viene in mente un tale con i riccioletti che urla in quella sorta di caricatura di portoghese che è la varietà d‟italiano parlata a Genova. Già al primo chilometro me ne dimentico.

 

È solo ritrovando quasi per caso il foglietto con il numero di quel tale Damiano che Grillo riaffiora. Senza rendermi conto che quell‟atto sarebbe stato il preludio di una tragedia, chiamo. Damiano risponde e passa il telefono a Grillo.

 

“Stasera sono al Palasport – dice la voce che riconosco dalle nebbie del ricordo come quella del comico – e mi farebbe piacere se venisse allo spettacolo. Se vuole, può portare qualcuno con sé. Quando arriva, telefoni a questo numero.”

 

Vabbè, non ho altri programmi per la serata se non l‟alternativa solita di andarmene a dormire presto e decido di andare. Morena è in Giappone. I miei figli rifiutano di accompagnarmi perché sono degl‟intellettuali e di Grillo non glie ne frega niente. Mia madre, invece, accetta volentieri, perché accompagnare il proprio bambino…

 

Il parcheggio è grande ma trovare un buco per la macchina è un problema. Non avrei mai pensato che Beppe Grillo, comico di cui, come ho detto, avevo memoria sbiadita, potesse attirare tanta gente. Forse non sono aggiornato.

 

Chiamo al telefono Damiano che esce e preleva mia madre e me. Lei viene sistemata in una sedia sul campo da gioco trasformato in platea e io sono accompagnato negli spogliatoi. In piedi, a torso nudo, attorniato da tre o quattro persone che parlano sottovoce c‟è Grillo. Un fisico un po‟fuori luogo in un tempio dello sport. Mi saluta in fretta, guardandomi a livello della pancia, e, mentre spinge testa e riccioletti dentro una maglietta nera a maniche lunghe, mi dice di andare con Damiano che mi accompagnerà sul palco. Sembra teso.

 

Mi ritrovo seduto di fronte ad un pubblico enorme insieme con altre persone, tutte perfettamente ignote almeno a me.

 

Grillo esce. Ovazione. Fa il suo spettacolo di cui, confesso, non ricordo se non un particolare: rivolto al pubblico grida: “Voi non sapete nemmeno che avete un concittadino straordinario come il dottor Mantovani!” Ovazione. Mantovani… Montanari… che differenza fa? La gente vuole avere degli eroi, dei concittadini “straordinari”, aggettivo che, come avrei potuto testimoniare in seguito, fa parte a pieno titolo del vocabolario grillesco, e chi se ne frega se è tutto fasullo fino nel nome! Nemmeno è dato sapere il perché della mia presunta straordinarietà. Non importa. Ovazione.

 

Non molto dopo la mia esibizione muta ma “straordinaria” sul palco sono di nuovo nello spogliatoio. Lui esce fradicio dalla doccia e indossa un accappatoio azzurro.

“Sono molto stanco – mi dice con una faccia che non assomiglia a quella che aveva sotto i riflettori. – Possiamo vederci domani a pranzo all‟Hotel Carlton di Bologna?”

Mi chiedo a fare che ma non voglio essere scortese: “A che ora?” “All‟una.”

Recupero mia madre e, districandomi nel traffico insospettabile di mezzanotte all‟uscita dello spettacolo di un comico, me ne torno a casa.

 

La mattina chiamo Morena. Là, in Giappone, è pomeriggio. Le racconto della serata. “Che cosa vuole da noi?” è la domanda ovvia.

“E che ne so? All‟una sono a pranzo con lui. Mi dirà che cosa vuole.” “All‟una? Non corri?”

“No, se vado a pranzo…” Se non per motivi sociali che, comunque, non gradisco io non pranzo mai.

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