14) I primi schizzi di fango.

Pubblicato da Stefano Montanari

I PRIMI SCHIZZI DIFANGO

 

 È prassi consolidata ed efficace che, quando non si riesce ad attaccare uno scienziato dal punto di vista scientifico, lo si attacca da quello personale lanciandogli addosso fango. La cosa funziona, naturalmente, anche per chi scienziato non è: basta solo preparare l‟attacco su misura. Va da sé che, se per gli attacchi non esistono fondamenti, i fondamenti s‟inventano di sana pianta, soprattutto potendo contare su di un pubblico di qualità intellettuale difficilmente definibile come eccelsa. L‟antica esperienza insegna che nessuno andrà mai a controllare la veridicità dei pettegolezzi, delle diffamazioni e delle calunnie e, se mai le smentite fossero impossibili da controbattere, a venire al corrente della falsità della messa in scena sarebbe solo un‟infima porzione di chi alle bugie aveva creduto o delle bugie, pur non potendo dirsi certo della loro veridicità, aveva comunque saputo e aveva sospeso il giudizio. E poi, il gusto del pettegolezzo è una delle caratteristiche della sottocultura e, facendoci leva sopra, si ottengono ottimi risultati. Insomma diffamare conviene. E, allora, via alle diffamazioni, per di più con il vantaggio dell‟inesistenza di motivi reali per attaccare. Senza vincoli, infatti, si è molto più liberi di preparare il territorio come meglio conviene.

 

Dimostrando tutta la sua competenza, chi aveva preparato il progetto conosceva in modo impeccabile le tecniche e, nel caso specifico, fu quella usata tante volte anche da Joseph Göbbels, il ministro della propaganda di Adolf Hitler, che, riferendosi alle masse, diceva “vogliamo operare affinché queste dipendano da noi come da una droga.” E, sull‟informazione, “ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità;” e, per completare il concetto, “la propaganda è un'arte, non importa se questa racconti la verità.” Roba vecchia ma perfettamente funzionante e, di fatto, infallibile.

 

A partire immediatamente fu, manco a dirlo, l‟ineffabile Marina Bortolani. Vale la pena leggere il testo concordato con chi per Grillo:

 

“In merito alla donazione alla Facoltà di Scienze e Tecnologie dell‟Università di Urbino da parte della nostra Onlus del microscopio Esem a scansione ambientale acquistato grazie alla campagna di raccolta fondi di Beppe Grillo e condivisa dallo stesso Grillo, siamo a rassicurare che la ricerca sulle nanopatologie proseguirà, anzi, verrà potenziata ed allargata ad altri qualificatissimi ricercatori dell‟Università di Urbino.

 

Non saranno solo geologi, come sostiene in senso limitativo il Dott. Montanari, ma anche biologi, botanici, chimici, zoologici, ingegneri ambientalisti, mineralogisti e petrografi, che effettuano ricerche ambientali e sui diversi tipi di nanopatologie. La Facoltà di Scienze e Tecnologie dell‟Università di Urbino dispone di strutture e spazi perfettamente idonei ad ospitare il microscopio oltre che personale tecnico altamente qualificato.

 

Al tempo stesso ribadiamo al Dott. Montanari, fino ad ora unico utilizzatore dello strumento insieme alla moglie Dott.ssa Gatti, che nell‟atto di donazione del microscopio all‟Università di Urbino è stata inserita la clausola che consentirà loro di proseguire nell‟utilizzo del microscopio “almeno” un giorno alla settimana (quindi non “un solo giorno” alla settimana come il dott. Montanari sostiene) ai fini della ricerca sulle nanopatologie.

Resta inteso, coerentemente con la finalità della raccolta fondi, che tale strumento non poteva e non potrà essere utilizzato in alcun modo a scopo di lucro da parte di singoli o di società. Questa sì che sarebbe una truffa ai danni dei benefattori.

 

Abbiamo donato il microscopio alla Facoltà di Scienze e Tecnologie dell‟Università di Urbino per coinvolgere altri scienziati considerata anche l‟oggettiva sottoutilizzazione dello strumento in quanto per tre anni esso è stato nella disponibilità esclusiva di chi, come il dott. Montanari, abbiamo visto impegnato in campagna elettorale in tutta Italia come candidato Premier della lista politica nazionale “Bene Comune” e a promuovere libri da lui curati, o chi, come la Dott.ssa Gatti, svolgono altra professione part time impedendo il pieno sfruttamento del microscopio come l‟importanza delle ricerche e il costo dello strumento richiederebbero.

 

Come più volte sollecitato ai due dottori, rimaniamo in attesa di una reportistica sui risultati e sulle scoperte scientifiche – confermate da pubblicazione e da attestati della comunità scientifica – prodotte in questi tre anni di possesso del microscopio. Ciò crediamo sia doveroso nei confronti dei benefattori. E‟ evidente che riferimenti a ricerche e studi svolti prima dell‟acquisto del microscopio in oggetto non sono inerenti a tale ripetuta richiesta, ma, anzi, possono risultare fuorvianti.

 

Non ci stupiscono le reazioni e illazioni del dott. Montanari nei confronti della decisione della nostra Onlus di allargare la ricerca, ma a noi ciò che preme è il rispetto della legge e dei benefattori, i risultati scientifici e quindi la salute dei cittadini, non i bilanci di una società a scopo di lucro quale è la Nanodiagnostics srl dei dottori Montanari e Gatti.

 

E‟ evidente che falsità e ulteriori illazioni ci vedranno costretti a difendere la nostra immagine e onorabilità nelle dovute sedi legali.

 

Associazione Carlo Bortolani Onlus”91

 

 Oggi, a distanza di anni, l‟evidenza ha ridicolizzato ancor di più la già ridicola messa in scena della coppietta Bortolani-Grillo.

 

Le ricerche di nanopatologia non potevano essere condotte ad Urbino, se non altro perché nessuno laggiù ne sapeva più del mio giardiniere (se mai ne avessi uno). Su questo nessuno poteva nutrire il minimo dubbio ed, eventualmente, a fugarlo sarebbe bastato dare un‟occhiata alla produzione scientifica di Urbino che, sull‟argomento, è pari a zero. Naturalmente nessuno lo fece e su questo la Bortolani sapeva di poter contare. Il risultato più che ovvio uscito alla distanza ma noto solo a pochissimi fu che la parola della nostra Marina confermava il valore che aveva sempre avuto: zero, se non si vuol ricorrere ai numeri negativi.

 

I “qualificatissimi ricercatori” elencati in “biologi, botanici, chimici, zoologici [sì, proprio “zoologici”, ma vabbè, non si può mica pretendere che la Bortolani abbia cultura zoologica o anche solo conosca la lingua italiana, con tutto quello che sa già (N.d.A.)], ingegneri ambientalisti, mineralogisti e petrografi, che effettuano ricerche ambientali e sui diversi tipi di nanopatologie” 

 

esistevano solo nella brachicefala, bionda testolina dell‟autrice dello sproloquio. Come il tempo ha dimostrato – ma, ancora, sarebbe bastata un‟occhiata alla situazione fin dall‟inizio - da Urbino e dai suoi luminari è uscito il vuoto assoluto. Dopotutto, esattamente come si voleva. Un velo pietoso sui “diversi tipi di nanopatologie” per non sparare bordate impietose sulla Croce Rossa e per non sprofondare ancor di più nel grottesco i protagonisti di questa oscena palliata.

 

“La Facoltà di Scienze e Tecnologie dell‟Università di Urbino dispone di strutture e spazi perfettamente idonei ad ospitare il microscopio oltre che personale tecnico altamente qualificato,” scrive indignata l‟avvocatessa. Ecco: abbiamo visto.

 

E i colpi affondano: “Nell‟atto di donazione del microscopio all‟Università di Urbino è stata inserita la clausola che consentirà loro di proseguire nell‟utilizzo del microscopio “almeno” un giorno alla settimana (quindi non “un solo giorno” alla settimana come il dott. Montanari  sostiene) ai fini della ricerca sulle nanopatologie.” E, difatti, quando, otto mesi e mezzo dopo il “trasloco” io tentai di andare anche solo a vedere il microscopio, fui cacciato92 come testimonia il video93 che fu girato più o meno di nascosto nell‟occasione. Era evidente che l‟atto di donazione e le clausole che conteneva erano nient‟altro che una burletta e la Bortolani, fedele al suo mandato, non mosse mai un dito davanti al comportamento di Urbino. Dopotutto, le parti stavano rispettando pienamente gli accordi tra loro.

 

Con sempre maggiore sprezzo del bislacco in cui la Bortolani affondava inesorabilmente, ecco inventare l‟uso da parte nostra del microscopio “a scopo di lucro”, fingendo d‟ignorare che, per tentare almeno di mantenere parzialmente una ricerca, si deve vendere una fetta del lavoro (nel caso specifico in gran parte consulenze mie fatte senza che il microscopio entrasse in qualunque modo in gioco). Tanto per essere chiari, vendere analisi non è il massimo dei divertimenti, e se qualcuno mi spiega come raccattare i soldi per fare ricerca, sappia che sarò lieto di apprendere. Resta sempre aperta la possibilità che sia la nostra Marina a caricarsi dell‟onere (qualche centinaio di migliaia di Euro l‟anno basteranno) e ci permetta così di lavorare senza assilli di sorta. Magari Morena ed io ci potremmo pure prendere uno stipendio. Vista, però, la poca disposizione del personaggio ad aprire il borsellino, temo che, tra lei e Grillo… Ma, poi, nessuno aveva mai posto condizioni, scritte o verbali che fossero, a come noi usassimo il microscopio. Così, se, per assurdo, noi avessimo voluto interrompere le ricerche e lavorare davvero “a scopo di lucro”, non avremmo infranto alcun accordo, impegno, clausola, patto, promessa, limitazione o riserva.

 

Continuando nel tenero delirio, impossibile non sorridere dell‟eccentricità del Montanari che non fa ricerca perché costantemente impegnato in un‟eterna campagna elettorale (due mesi d‟impegni saltuari per un totale di una quindicina di giorni in tutto dedicati all‟attività) e che, come il giapponese che difendeva la sua isoletta vent‟anni dopo la fine della guerra, continua nell‟impresa quando ormai di elezioni non si parla più da un pezzo. E che dire di un‟infaticabile opera di pubblicità dei suoi libri (un pomeriggio alla libreria Feltrinelli a Roma con Massimo Carlotto che presentava un suo libro ispirato a mia moglie e a me94, un altro pomeriggio alla Fortezza da Basso a Firenze e una mattina a Pisa alla Fiera)? E, sempre nella rappresentazione contenuta nell‟arringa dell‟Avvocatessa, anche quella dottoressa Gatti che al microscopio c‟è e non c‟è è persona riprovevole. Magari la Bortolani ignora come grandissima parte del lavoro al microscopio venga svolto dal microscopista di turno che esegue ciò che noi gl‟indichiamo, ma questo è irrilevante e non è certo quello che può fermare la giusta ira della valchirietta del Crostolo (il torrente di Reggio Emilia.) Per cercare di far capire la situazione tra il microscopista e noi, si tratta, fatte le debite

 

differenze, di quanto accade in un ospedale dove il radiologo, forte della sua preparazione, fotografa ciò che il chirurgo dovrà valutare e su cui dovrà intervenire. Quando si sono date al microscopista le istruzioni di ciò che deve fare, è inutile perdere tempo. Tanto per completezza, infine, si sappia che il microscopista che abbiamo, e che è bravissimo, ha imparato il mestiere da noi e - va da sé - fa esattamente ciò che gli viene richiesto.

 

Proseguendo nella lettura del documento, ecco comparire l‟ennesima frottola. Mentendo, così da non smentire se stessa (che fastidio quell‟ottavo comandamento!), la Bortolani afferma di averci sollecitato più volte la presentazione di risultati che non le avremmo mai fornito. Al di là del fatto che della Bortolani, forse un po‟ a disagio per la questione dei conti bancari misteriosi, perdemmo presto le tracce e, dunque, lei non ci chiese mai nulla per non svegliare il can che dorme, se qualcosa avesse chiesto l‟avremmo rimandata al professor Coccioni, direttore del Centro di Geobiologia di Urbino, che, come forse si ricorderà, aveva l‟obbligo da lui stesso sottoscritto di fornire proprio quelle informazioni e che, chissà, magari non lo fece mai. Ma questi non sono affari che riguardino mia moglie o me.

 

Va detto, a onor del vero, che ci furono non poche persone che si presero la briga di scrivere alla Bortolani95 protestando per la fregatura che sentivano di aver preso e più di qualcuno tentò pure di iscriversi alla Onlus per avere accesso ai documenti, in particolare a quei misteriosi movimenti bancari. Molto pragmaticamente, da quella vecchia mestierante che è e di certo guidata da qualcuno che il mestiere lo conosce ancor meglio, Marina reagì con il solito muro di gomma, non senza, però, essersi felicemente intascata i dieci Euro di chi le aveva mandato la quota d‟iscrizione. Ammetto che anch‟io, tramite un amico insospettabile che mi fece da prestanome, inviai il denaro, naturalmente senza altro risultato che aver fatto l‟elemosina a casa Bortolani. Dieci Euro qua, dieci Euro là… Butta via!

 

95 http://www.informarmy.com/2011/02/lettera-aperta-marina-bortolani-la.html

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